Addio a 0,3 Gt/anno di CO2 sfruttando solo il 2% dell’energia pulita offshore

Un nuovo studio ha valutato il potenziale delle fonti rinnovabili offshore, rivelando che l'energia mareomotrice e il fotovoltaico galleggiante rappresentano la soluzione più vantaggiosa
Con un potenziale produttivo doppio rispetto alla domanda elettrica globale, l’energia pulita offshore potrebbe fornire un contributo prezioso all’approvvigionamento energetico del pianeta. Questo contributo, tuttavia, è oggi estremamente limitato e per lo più legato ai parchi eolici nei mari europei.
Perché questa situazione? Uno degli ostacoli allo sviluppo risiede proprio nelle analisi effettuate sul potenziale delle singole tecnologie. Come emerso da uno nuovo studio britannico-statunitense, le precedenti valutazioni sono sempre state effettuate su scala globale. Ciò ha reso quasi impossibile identificare, per una determinata località, la tipologia o le tipologie di risorse marine con il maggiore potenziale energetico.
Per colmare questa lacuna di conoscenze, scienziati dell’Università di Strathclyde (Regno Unito) e del Maine (USA) hanno realizzato la prima valutazione globale inter-risorsa delle rinnovabili marine. Nel dettaglio, il gruppo ha raccolto oltre 600 analisi e studi di settore in un unico database, standardizzando i potenziali energetici in un’unica unità di misura (kW/m²).
Hanno così scoperto che l’energia mareomotrice e quella fotovoltaica (impianti galleggianti) offrono costantemente più energia rispetto ad altre fonti come l’eolico e il moto ondoso, in qualsiasi regione del mondo. In particolare, l’energia solare galleggiante si è rivelata più affidabile e meno variabile rispetto ad altre fonti.
Nonostante ciò, raramente il fotovoltaico offshore e le correnti oceaniche sono al centro della ricerca. Non sorprende, dunque, che oggi appaiano in gran parte inutilizzate.
Lo studio suggerisce che, sfruttando pienamente l’energia solare e delle maree, potremmo quasi triplicare o quadruplicare il potenziale energetico globale dell’energia pulita offshore, fornendo energia sufficiente per centinaia di milioni di case.
Non solo. Secondo i ricercatori, sfruttando anche solo una piccola percentuale di energia mareomotrice e fotovoltaica offshore si potrebbe dare un contributo notevole alla riduzione di CO2. “Supponendo che le emissioni globali siano equivalenti ai livelli del 2019, un ulteriore 2% delle risorse combinate di maree e sole eliminerebbe 0,299 gigatonnellate all’anno. A questo ritmo, la neutralità netta verrebbe raggiunta in 68 anni”, scrive l’ateneo scozzese.
La ricerca è pubblicata sulla rivista Renewable and Sustainable Energy Reviews.
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