Al via la Climate Week di New York, senza l’Italia

L’Italia e l’Europa si presentano zoppicanti alla Climate Week di New York, uno degli eventi più importanti nel panorama della diplomazia climatica. Organizzato tradizionalmente in concomitanza con l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, quest’anno di svolge dal 22 al 28 di questo mese, ospitando tra i relatori personaggi del calibro si Simon Stiell, responsabile Onu per il clima e Teresa Ribera, vicepresidente della Commissione europea con delega alla Transizione giusta e pulita. E mercoledì 24 settembre il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ospiterà un Summit sul Clima, nell'ambito della settimana dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
“Entro la Cop30, tutte le Parti dell'Accordo di Parigi dovranno presentare nuovi Contributi Determinati a Livello Nazionale (Ndc) che riflettano azioni coraggiose per il prossimo decennio”, ricorda Guterres. “Questi piani aggiornati rappresentano un'opportunità per sfruttare i benefici di un futuro giusto, resiliente e a basse emissioni di carbonio”.
L’appuntamento di martedì vuole essere un piattaforma in cui i leader potranno presentare i loro nuovi Ndc. C’è molta attesa per il previsto intervento del presidente cinese Xi Jinping, mentre non ci si fa illusioni sull’Amministrativo Trump che, in patria e all’estero, sta smontando le politiche climatiche Usa. Iscritti a parlare 80 capi di Stato e di governo, ma non ci sarà la premier Giorgia Meloni.
E, appunto, l’Italia? E l’Europa? Il nostro Paese arriva a New York con le idee confuse sugli obiettivi e acque agitatissime all’interno del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Della delegazione partita da Roma nelle scorse ore non fa parte l’Inviato speciale per il clima Francesco Corvaro, nonostante nella Grande Mela diversi appuntamenti prevedano la partecipazione degli Special Envoy delle nazioni partecipanti. La decisione di lasciare a casa Corvaro è riconducibile ad Alessandro Guerri, Direttore generale Affari Europei, Internazionali e Finanza Sostenibile del Mase, che non ha autorizzato la missione a New York. Il conflitto è spiegabile certamente con una “incompatibilità caratteriale” tra i due, come dice chi le conosce. Ma anche con la genesi e la gestione, tutte all’italiana, della figura dell’Inviato speciale per il clima. Il suo battesimo risale al governo Draghi. Dopo un lungo braccio di ferro tra l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il collega di governo Roberto Cingolani (Transizione ecologica) si scelse un compromesso: una figura di secondo piano, scelta dalla Farnesina (gli Inviati speciali sono una sua prerogativa) ma incardinata nel ministero di via Colombo e quindi sotto il controllo di Cingolani. Niente a che vedere quindi con figure di grande spessore e potere decisionale come John Kerry per l’Amministrazione Biden o Jennifer Morgan nel governo tedesco guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz. Morgan, per esempio, dopo essere stata per anni leader globale di Greenpeace, aveva a Berlino lo status di sottosegretario di governo.
Da noi invece, per il primo Inviato speciale clima la scelta (gennaio 2022) cade sul diplomatico Alessandro Modiano, oggi ambasciatore in Messico. Ma l’esecutivo di Giorgia Meloni non può tenere al suo posto una figura, per quanto tecnica, di nomina Cinque Stelle. E così, per riempire una casella che ormai esiste ma che non interessa davvero e che comunque un governo di destra non può cancellare senza scatenare polemiche e accuse di negazionismo climatico, si individua un sostituto (agosto 2023): Francesco Corvaro, professore di Fisica tecnica e “vicino” al governatore Fdi delle Marche Acquaroli. Proprio la sua provenienza accademica fa però di Corvaro un corpo estraneo nei corridoi del ministero. E nessuno, né al Mase né alla Farnesina, si è preoccupato di riempire di contenuti un ufficio che pure esiste in tutti i governi occidentali: “Non gli è mai stato detto cosa doveva fare o non fare, con il rischio di sovrapporsi ad altri se non proprio di pestare i piedi”, dice un suo collega.
La decisione di Guerri di lasciare a Roma l’Inviato speciale italiano per il clima mentre a New York è in corso la kermesse più importante del mondo, se si escludono le conferenze Onu sul clima, sembra essere la rottamazione definitiva non tanto e non solo di Corvaro ma alla figura stessa dell’Inviato: chi non c’è non serve. Il problema è che il nostro Paese arriva all’appuntamento americano non solo senza il suo Inviato speciale, ma anche senza alcuna idea precisa sui tagli alle emissioni di gas serra che si impegnerà a fare in prossimi anni (i famosi Ndc di cui parla Guterres). Perché è l’intera Unione a non avere le idee chiare è bucare l’occasione newyorkese per assumere, magari insieme alla Cina, il ruolo di leader climatico dopo il vuoto lasciato dagli Stati Uniti.
La scorsa settimana i ministri dell’Ambiente europei non hanno trovato un accordo sugli Ndc e hanno rimesso la decisione ai capi di Stato e di governo che si riuniranno il 22 e 23 ottobre per il Consiglio europeo, troppo tardi per l’evento Onu di dopodomani e a pochi giorni dall’inizio di Cop30 a Belém, in Brasile. È stata però partorita una “dichiarazione di intenti” da leggere nel Palazzo di Vetro mercoledì prossimo. Probabilmente, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo intervento la impugnerà per dire che se è vero che la Ue sta ancora discutendo, lo sta facendo all’interno di una forbice di valori tra cui decidere, valori che comunque dimostrano come l’Europa non voglia tornare indietro rispetto all’Accordo di Parigi. Tra liti interne al Mase e difficoltà a livello europeo c’è da chiedersi quale potrà essere il contributo della delegazione italiana alla Cop30. Per ora c’è solo una certezza: i nostri negoziatori non hanno accora un alloggio prenotato nella città brasiliana che ospiterà l’evento, mentre il ministero degli Esteri li rassicura: stiamo trattando con Costa Crociere per riservarvi delle cabine su una delle loro navi che sarà ormeggiata nel porto di Belém.
La Repubblica