Direttiva RED III sui trasporti: appello delle associazioni ambientaliste al Governo

Occasione mancata per la mobilità sostenibile in Italia? Il rischio è concreto. L’appello viene dalle principali sigle ambientaliste italiane, preoccupate per i contenuti del decreto governativo di recepimento della Direttiva RED III sull’uso delle rinnovabili nei trasporti attualmente in discussione. Cittadini per l’Aria, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente, Sbilanciamoci, T&E Italia e WWF, ritengono il testo “uno strumento per favorire palesemente il settore dei biocarburanti”.
Un compromesso che, nell’opinione delle associazioni, indebolisce gli intenti europei, ignora i nuovi target sulle rinnovabili e aumenta la dipendenza dell’Italia dai carburanti fossili. Senza investire realmente in una strategia industriale e climatica per la transizione dei trasporti.
In primis, il Governo italiano sembra optare, come già accaduto in passato, per un recepimento debole della Direttiva RED III. Anziché cogliere l’opportunità di allinearsi agli obiettivi comunitari e avviare una concreta modernizzazione del settore, con tutte le opportunità economiche, sociali e ambientali dal caso, si palesa un approccio orientato a preservare lo status quo dell’auotomotive.
Perché serve agire con coraggio? La procedura d’infrazione è dietro l’angolo. Il testo che emenda il Dlgs 199 del 8 novembre 2021 non aggiorna l’obiettivo nazionale di rinnovabili nei trasporti (FER-T) previsto dalla RED II. Il quale è fermo all’1,86% al 2030, nonostante il nuovo quadro europeo chieda ambizioni ben diverse: 29% in termini energetici o riduzione del 14,5% in termini emissivi. La proposta del Governo, debole e presentata con circa cinque mesi di ritardo, conduce a tale rischio.
Le richieste mirano almeno a rispettare l’impianto della Direttiva REDIII. Dal rafforzamento dei target energetici alla correzione delle lacune normative, tutto dovrebbe concorrere all’introduzione di tutele reali per mercato, ambiente e consumatori. Secondo le associazioni, l’Italia necessita di una strategia solida e univoca, per evirare di presentarsi, ancora una volta, come fanalino di coda nella transizione energetica europea. Di seguito, gli aspetti più problematici del decreto.
Per un Governo “paladino” della neutralità tecnologica, sembra incoerente la mancata considerazione dell’elettricità rinnovabile. La bozza non recepisce l’obbligo previsto dalla Direttiva RED III (art. 25, comma 4) di istituire un meccanismo di credito per l’elettricità pulita utilizzata da veicoli elettrici e plug-in hybrid in ambito pubblico. Si va delineando un sistema regolatorio in cui la quota rinnovabile di diesel e benzina è incentivata, mentre non lo sono gli elettroni verdi di una ricarica elettrica. Una vistosa disparità di trattamento, contraria alla direttiva stessa.
Come per la mobilità elettrica, mancano anche target vincolanti e incentivi per l’uso di combustibili rinnovabili di origine non biologica (Rfnbo), come gli e-fuel, che la RED III prevede come quota obbligatoria nei trasporti. Soprattutto per supportare la decarbonizzazione di aviazione e trasporto marittimi. Il decreto si limita infatti a consentirne l’eventuale utilizzo per il raggiungimento del target complessivo. Senza fissare obblighi e sotto-obiettivi specifici, come più volte suggerito dall’associazione T&E. E senza introdurre meccanismi di sostegno alla diffusione.
Nel decreto si assiste anche all’indebolimento di importanti salvaguardie ambientali. Viene infatti reintrodotta la possibilità di utilizzare il Pfad (Palm Fatty Acid Distillate). Un sottoprodotto della raffinazione dell’olio di palma precedentemente escluso per l’alto rischio di cambiamento indiretto di uso del suolo. Sebbene spesso si definisca “residuo”, il Pfad ha un valore commerciale significativo: la crescita della domanda può incentivare l’espansione delle piantagioni di palma, portando ulteriori deforestazione e perdita di biodiversità.
A ciò si aggiunge l’ampliamento del tetto per i biocarburanti ottenuti da rifiuti e residui, dall’attuale 2,5% al 5%. In assenza di meccanismi stringenti di tracciabilità e verifica sulle biomasse utilizzate, si apre la strada a potenziali speculazioni e frodi di etichettatura. Secondo T&E, la disponibilità di alcuni feedstock “residuali” (es. Uco, gli oli da cucina esausti, o altri grassi animali) è molto lontana dal coprire la domanda crescente. Già oggi l’80% dell’Uco utilizzato in Europa proviene da Paesi terzi, in particolare dall’Asia, con sistemi di tracciabilità discutibili. Nel 2024 la bioraffinazione italiana si è affidata per circa il 40% a questa materia prima, tutta d’importazione. Estendere le soglie di utilizzo di feedstock potenzialmente problematici, senza rafforzare i criteri di sostenibilità, è un’altra scelta pericolosa.
Il recepimento della Direttiva RED III prevede l’innalzamento della componente bio nei carburanti. Per il diesel, la quota di biodiesel Fame (Fatty Acid Methyl-Ester) in miscelazione ai fossili passa dal 7% al 10%. Ma secondo Agcom, le aziende petrolifere hanno già dimostrato di “fare cartello” su questo prodotto concordando incrementi di costo, portando il valore iniziale di 20€/Smc3 nel 2019 a circa 60€/Smc3 nel 2023. Ricevendo anche sanzioni per quasi 1 miliardo di euro.
“La neutralità tecnologica appare sempre più come una formula vuota. Si traduce in una strategia che prolunga l’uso di carburanti fossili e rallenta l’adozione delle soluzioni più efficaci per la decarbonizzazione, come l’elettrificazione del trasporto leggero, capace anche di ridurre il consumo di energia primaria del settore e quindi di sostenere l’indipendenza energetica”, si legge nella nota. Le associazioni chiedono invece un piano serio di allocazione delle fonti energetiche. Se consideriamo che il 90% dei consumi del trasporto stradale è ancora oggi alimentato da carburanti fossili, e la sola auto privata ne rappresenta il 63%, favorire i biofuel nel trasporto leggero significherebbe consolidare il mercato dei combustibili fossili anziché superarlo.
Un ripensamento della strategia può invece massimizzare risparmi emissivi ed efficienza sostenendo l’uso di elettricità nei trasporti stradali, di carburanti sintetici nei settori Hard to Abate, e di biocarburanti sostenibili nel settore aereo. La partita sul recepimento della Direttiva RED III e sulle rinnovabili nei trasporti si inserisce nel “campionato”, già entrato nel vivo, tra istituzioni Ue e lobby dell’industria automotive. Anche l’Italia, come l’Europa, non può permettersi di cedere alle pressioni per rallentare o indebolire gli obiettivi di decarbonizzazione dei trasporti.
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