Eni amplia la partnership con CFS in un accordo da 1 miliardo di dollari per l'energia da fusione

- Eni firma un accordo di acquisto di energia del valore di oltre 1 miliardo di dollari per 400 MW di energia da fusione dal primo impianto ARC di CFS in Virginia, la cui entrata in funzione è prevista per l'inizio degli anni '30.
- L'accordo amplia il ruolo di Eni da investitore iniziale a partner commerciale, rafforzando la sua scommessa a lungo termine sulla fusione come tecnologia di decarbonizzazione scalabile.
- L'accordo giunge mentre la fusione avanza dalla convalida sperimentale alla commercializzazione su scala di rete, con un crescente interesse da parte di governi, aziende di servizi pubblici e acquirenti industriali.
Il colosso energetico italiano Eni ha accettato di acquistare elettricità per un valore di oltre 1 miliardo di dollari dalla prima centrale a fusione su scala commerciale della Commonwealth Fusion Systems (CFS), segnando uno dei più grandi impegni finanziari mai assunti da una società energetica tradizionale per l'implementazione della fusione.
L'accordo riguarda l'impianto ARC da 400 MW di CFS, attualmente in fase di sviluppo nella contea di Chesterfield, in Virginia, la cui connessione alla rete elettrica statunitense è prevista per l'inizio degli anni '30. Il progetto è concepito per essere il primo impianto di fusione nucleare a fornire elettricità di base su larga scala, portando la tecnologia fuori dalla fase di ricerca e verso i mercati commerciali.
Si tratta del secondo importante accordo di prelievo di CFS in altrettanti mesi, che indica un'accelerazione della domanda di fusione come potenziale fonte di energia a zero emissioni di carbonio.
Eni è azionista di CFS dal 2018 e ha rafforzato la propria posizione nella società durante il round di finanziamento Serie B2 da 863 milioni di dollari. Finora, la partnership si è concentrata sulla collaborazione tecnologica, includendo competenze nell'esecuzione di progetti e nell'impegno normativo. Il nuovo accordo di acquisto di energia formalizza il ruolo di Eni come acquirente a lungo termine di energia da fusione.
" Questo accordo con Eni dimostra il valore dell'energia da fusione sulla rete ", ha affermato Bob Mumgaard, co-fondatore e CEO di CFS. "È un voto di fiducia che Eni, che ha contribuito fin dall'inizio, si impegni ad acquistare l'energia che intendiamo produrre in Virginia".
L'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha definito l'accordo "un punto di svolta in cui la fusione diventa una vera e propria opportunità industriale", inquadrandolo come parte della più ampia strategia di transizione dell'azienda. " Con la crescita della domanda di energia, Eni sostiene lo sviluppo della fusione come nuovo paradigma energetico in grado di produrre energia pulita, sicura e virtualmente inesauribile", ha affermato.

CFS, nata dal MIT nel 2018, si è concentrata sullo sviluppo della tecnologia dei magneti superconduttori ad alta temperatura, un passo fondamentale per la realizzazione di dispositivi di fusione più piccoli ed efficienti. L'azienda ha recentemente presentato la macchina SPARC in Massachusetts, progettata come proof of concept per il suo impianto ARC commerciale.
Il progetto in Virginia mira a estendere questa piattaforma fino a raggiungere una capacità di connessione alla rete, con le procedure di costruzione e autorizzazione già in corso. In caso di successo, ARC potrebbe stabilire il primo modello replicabile per centrali a fusione in tutto il mondo.
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L'accordo Eni-CFS è più di un semplice contratto bilaterale. Per le utility, gli acquirenti industriali e i governi, rappresenta un segnale che la fusione sta passando dalle dinamiche di laboratorio a quelle di mercato. Sebbene le tempistiche rimangano incerte, la presenza di un PPA da oltre 1 miliardo di dollari da parte di una multinazionale energetica conferisce credibilità alla fusione nei consigli di amministrazione e nei ministeri che valutano percorsi di decarbonizzazione a lungo termine.
Per gli investitori, la partnership evidenzia come gli operatori energetici tradizionali stiano proteggendo i portafogli puntando direttamente su tecnologie innovative, piuttosto che attendere i mandati politici. La promessa della fusione di una generazione di base pressoché illimitata e a zero emissioni di carbonio potrebbe anche ridefinire i dibattiti sull'affidabilità della rete, il nazionalismo delle risorse e la competitività industriale negli anni '30.
Eni è attiva nel mercato energetico statunitense dal 1968 e continua ad ampliare il suo portafoglio di energie rinnovabili, biocarburanti e innovazione attraverso la sua divisione di venture capital con sede a Boston, Eni Next. L'azienda ha fatto della fusione un pilastro della sua strategia di decarbonizzazione a lungo termine, in linea con gli impegni climatici dell'UE e con gli obiettivi globali di zero emissioni nette.
Nel frattempo, CFS ha ottenuto il sostegno di colossi tecnologici ed energetici, posizionandosi come pioniere nelle fusioni commerciali. Con l'impianto Virginia ARC come banco di prova, il prossimo decennio determinerà se la fusione si trasformerà da un'aspirazione a un pilastro scalabile del sistema energetico.
Per ora, l'accordo Eni-CFS rappresenta una delle indicazioni più chiare del fatto che l'energia da fusione non è più confinata alle conferenze scientifiche, ma sta entrando nel regno dei contratti da miliardi di dollari e degli impegni su scala industriale.
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