Alla Conferenza di Bonn nessun accordo sulla finanza climatica. In attesa della Cop30

Si è chiusa la notte scorsa la Conferenza sul Clima di Bonn, tappa intermedia prima della Cop30 che si terrà a novembre in Amazzonia. Ma nonostante due settimane di negoziati, le delegazioni lasciano la città tedesca senza risultati concreti e con l’auspicio che i numerosi nodi possano sciogliersi nel decisivo appuntamento di Belém.
I principali dossier sui quali si sono concentrati gli sherpa riuniti a Bonn sono stati l’adattamento ai cambiamenti climatici e la finanza climatica. Nel primo caso, si è discusso del Global Goal on Adaptation, fissato dall’Accordo di Parigi del 2015 per rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento a livello globale. Le nazioni partecipanti alla Cop29 di Dubai si erano impegnate a sviluppare indicatori comuni per valutare i progressi collettivi sull’adattamento. Ma a Bonn non si sono fatti passi avanti sulla natura di tali indicatori (anche quelli finanziari, come vorrebbero i Paesi in via di sviluppo?) e sul ruolo di guida che i governi dovrebbero avere nell’indirizzare i loro esperti incaricati di monitorare il Global Goal on Adaptation. Dietro questo ennesimo braccio di ferro si cela il solito scontro tra Paesi ricchi e poveri, riguardo alle risorse che i primi dovrebbero devolvere ai secondi per prevenire o riparare i danni della crisi climatica in corso.
Contrasto ancor più esplicito quando a Bonn si è affrontato il capitolo della finanza climatica. Nella Cop29 di Baku si era messo nero su bianco una cifra di 1300 miliardi all’anno entro il 2035, ma senza specificare chi (pubblico? privato?) avrebbe dovuto contribuire e cosa possa essere davvero contabilizzato come finanza climatica. Pur di chiudere Cop29 con una parvenza di intesa si era rimandato questi “dettagli” a una “Roadmap from Baku to Belem”. E le delegazioni riunite a Bonn avrebbero dovuto tracciarla. Ma anche in questo caso la distanza tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo è rimasta incolmabile. Progressi minimi anche su un altro aspetto cruciale: i “contributi determinati a livello nazionale” (Nationally Determined Contribution – Ndc, quanto ogni Paese si impegna a tagliare le proprie emissioni di CO2): solo una manciata di nuovi Ndc sono stati presentati a Bonn. Se ne riparlerà alla Cop30 di Belém.
“Considerato che le grandi decisioni climatiche sulla trasformazione economica, la pianificazione e la finanza sono ora nelle mani dei ministri e dei leader, anziché dei negoziatori, aumenta la pressione affinché il Brasile passi dalla semplice funzione di coordinamento a un ruolo di leadership a livelli politici superiori”, nota Alexandra Scott, esperta senior in diplomazia climatica di Ecco, il think tank italiano sul clima. “ll Brasile – e altri sostenitori dell’azione climatica come l’Europa – hanno la possibilità di alzare il livello di ambizione alla Cop30 e di ottenere risultati concreti per mantenere l’obiettivo di 1,5° C a portata di mano”. E in effetti, nelle ore conclusive del summit tedesco la ministra brasiliana dell’Ambiente Marina Silva ha gettato il cuore oltre l’ostacolo. “La Conferenza di Belém potrebbe portare a una tabella di marcia che definisca come dovrebbe essere una transizione pianificata e giusta per porre fine ai combustibili fossili”, ha auspicato Silva. “Potremmo uscire da Cop30 con un gruppo incaricato di tracciare una roadmap per questa transizione”.
La Repubblica