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Mercato elettrico in Italia: rinnovabili, e CER sì, ma non basta

Mercato elettrico in Italia: rinnovabili, e CER sì, ma non basta

Il mercato elettrico in Italia dovrà essere sempre più rinnovabile, partecipato, flessibile. Dovrà, quindi, essere caratterizzato sempre più dal contributo delle fonti rinnovabili, dallo sviluppo delle comunità energetiche e dalla flessibilità. A che punto siamo, oggi sui tre fronti? L’Electricity Market report 2025, di Energy & Strategy – Politecnico di Milano, offre una visione chiara sulla realtà e sugli obiettivi. La realtà è che, se consideriamo i dati odierni, pur con i progressi notati negli ultimi anni, siamo indietro rispetto agli obiettivi fissati.

Partiamo dal contributo delle fonti rinnovabili, elementi cruciali del mercato elettrico in Italia. Nel 2024, hanno contribuito con 130 TWh alla produzione elettrica nazionale, ovvero il 49%. Attualmente, le FER costituiscono circa il 56% della capacità di generazione elettrica installata nel Paese.

Il fotovoltaico è preponderante: sui circa 80 GW complessivi, esso contribuisce già da solo con la metà (40 GW). Al secondo posto c’è l’idroelettrico con 22 GW. Le posizioni si scambiano se si considera la produzione: l’idroelettrico è la principale FER per volumi prodotti, con 54 TWh, pari al 42% della produzione complessiva da rinnovabili. Il fotovoltaico si colloca al secondo posto, con una produzione di 36 TWh.

Produzione elettrica per tipologia di fonte - Energy Strategy Group
La suddivisione della produzione elettrica in Italia

In ogni caso, il risultato in termini di produzione da fonti rinnovabili “è un trend in crescita: siamo passati dal fornire un contributo del 35% nel 2015, a raggiungere il 49% del totale di produzione elettrica nazionale e i primi sei mesi di quest’anno riportano un dato del 50%”, ha illustrato Vittorio Chiesa, direttore di E&S, mettendo in rilievo il dato sugli impianti FER in Italia che, al primo semestre 2025 supera i due milioni, un numero più che triplicato rispetto a dieci anni fa.

C’è però il rovescio della medaglia. Come siamo messi rispetto al target fissato dal PNIEC, quindi all’obiettivo 2030 che prevede, di fatto, un contributo delle fonti rinnovabili stimato nella misura di 228 TWh? Ne mancano quasi cento, considerando il dato al 2024. Per raggiungere il traguardo occorre un incremento di circa il 75% rispetto ai 130 TWh prodotti nel 2024. Il Piano nazionale integrato Energia e Clima indica anche quali sono i contributi attesi dalle singole fonti rinnovabili per raggiungere l’obiettivo.

“Gli investimenti sono sostanzialmente concentrati sul fotovoltaico e sull’eolico che ci si attende che nel periodo 2024-2030 aggiungano rispettivamente 62 e 43 TWh”. Geotermia, bioenergie e idroelettrico sono attese in sostanziale stabilità o in calo rispetto agli obiettivi.

Produzione elettrica da FER nel 2024 e distanza rispetto al target del PNIEC al 2030
Produzione elettrica da FER nel 2024 e distanza rispetto al target del PNIEC al 2030

Per contare su un mercato elettrico sostenibile, occorre far crescere le fonti energetiche rinnovabili, ma anche affrancarci dai combustibili fossili. Finora, però, sono ancora dominanti, specie il gas. “L’analisi dei risultati del Mercato del Giorno Prima (MGP) ha evidenziato che, nonostante la crescita delle energie rinnovabili, il mercato rimane ancora in larga parte influenzato dalla generazione termoelettrica a gas, che continua a essere la tecnologia che più spesso determina i prezzi”, si legge nel report. Questa tendenza emerge, per esempio, dall’aumento del PUN registrato durante la crisi del gas nel 2022 e dall’incremento della sua volatilità durante le diverse ore della giornata. “In questo contesto, la modifica della Market Time Unit (MTU) — il cui passaggio da 1 ora a 15 minuti è entrato in vigore il 1° ottobre 2025 — rappresenta un ulteriore passo verso un mercato più capace di integrare le fonti rinnovabili”.

Un elemento cui si guarda nel contesto del mercato elettrico in Italia perché potrebbe contribuire non poco allo sviluppo delle fonti rinnovabili sono le comunità energetiche. il Rapporto mappa 876 configurazioni di autoconsumo diffuso, basato sul dato dell’elenco delle configurazioni attive del GSE al 31 maggio 2025. Se si considera che nel 2024 se ne contavano 46, in un anno c’è stato un aumento di ben 19 volte. Oltretutto, quasi la metà del totale del 2024 era presente tra Lombardia e Piemonte. Oggi sono un fenomeno di portata nazionale.

Nell’analisi, si evidenzia che a oggi si tratta di piccole entità, considerando la potenza coinvolta, che è complessivamente di 85 MW.

“Se, numericamente parlando, si è assistito a un certo fermento, al momento a queste soluzioni è accompagnata una potenza e un investimento contenuto, in termini di potenza”, ha sottolineato Chiesa.

Nel considerare, al 2028, lo scenario di sviluppo atteso da queste CACER può passare da uno scenario conservativo di 0.5 GW e uno ambizioso di 2,7 GW. Pur considerando anche quest’ultimo, “è comunque un numero significativamente inferiore a quello riportato nei documenti, che fissano in 5 GW l’obiettivo di potenza addizionale che attraverso le configurazioni di autoconsumo si potranno generare”.

Evoluzione della potenza impiegata nelle CACER attive secondo i diversi scenari
Evoluzione della potenza impiegata nelle CACER attive secondo i diversi scenari

Un altro elemento caratterizzante il presente e il futuro del mercato elettrico in Italia è la flessibilità. Il concetto di flessibilità elettrica “si riferisce alla capacità di un sistema elettrico di gestire in modo efficace ed efficiente la variabilità nella produzione e nella domanda di elettricità”, ricorda il report. In particolare, la flessibilità sulla scala della rete di trasmissione viene chiamata globale.

Per valutare la capacità delle risorse distribuite di fornire servizi ancillari e contribuire alla flessibilità globale, nel 2017 è stato deliberato il progetto pilota UVAM, acronimo di Unità virtuali abilitate miste. Si trattava di un aggregato di siti in grado di modulare, attraverso un aggregatore, la propria produzione e il proprio consumo di energia elettrica, rappresentando un impianto di generazione e consumo virtuale. Il pilota è durato dal 2019 al 2024. A partire dall’anno in corso, con l’entrata in vigore del TIDE Transitorio, il progetto UVAM è confluito nel progetto pilota UVA (Unità Virtuali Abilitate). Quest’ultimo proseguirà per l’intera durata del TIDE Transitorio e non si concluderà prima di febbraio 2026.

Il progetto UVAM è nato con l’obiettivo di rendere il mercato energetico più flessibile e più partecipato ai servizi di dispacciamento dei privati dotati di impianti di produzione e di accumulo di energia. Nel periodo di vita, cosa ha prodotto? Detto che era un progetto sperimentale, in ogni caso il report evidenzia un ruolo alquanto contenuto. Inoltre, nel tempo la partecipazione è diminuita.

Se la fornitura di flessibilità globale da parte delle risorse distribuite non sembra in grado di offrire un contributo significativo al sistema elettrico, come rileva l’analisi E&S, c’è da considerare anche la flessibilità locale. Con questo termine si indica la capacità dei gestori delle reti di distribuzione (DSO) di gestire la variabilità nella produzione e nel consumo di energia elettrica a livello delle reti di distribuzione.

Per il 2025, i progetti pilota attivi in Italia sono gli stessi già segnalati nella mappatura dell’edizione 2024 del Rapporto: Romeflex, EDGE e MiNDFlex. Detto che i pilota di flessibilità locale mirano a consentire la fornitura di servizi ancillari da parte delle risorse distribuite presenti nell’area di sperimentazione, comprese le unità di produzione, le unità di consumo e i sistemi di accumulo, dall’analisi dell’evoluzione dei tre dal 2024 al 2025, la partecipazione è complessivamente aumentata e il loro potenziale di crescita è significativo, anche se occorrerà lavorare per sgombrare il campo dagli ostacoli che potrebbero frenarne lo sviluppo.

Un altro elemento considerevole nel mercato elettrico, in Italia e non solo, è lo sviluppo dei sistemi di stoccaggio. Occorre tornare ai dati di produzione delle fonti rinnovabili: seppure il fotovoltaico conti su una capacità installata superiore rispetto all’idroelettrico, la sua produzione annua è inferiore, a causa delle minori ore di funzionamento effettivo. Il risultato riflette il diverso profilo di producibilità delle tecnologie: fotovoltaico ed eolico sono fonti intermittenti, dipendenti cioè dalla disponibilità delle loro “materie prime”, ossia sole e vento.

Diventa, quindi, fondamentale contare su sistemi di stoccaggio che possano garantire di immagazzinare l’eccesso di produzione e di usarlo quando e dove è più necessario. È un elemento fondamentale per sostenere una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, ma anche l’efficienza e la sicurezza energetica, rileva la Commissione Europea.

Alla fine del 2024 sono installati in Italia oltre 700mila sistemi di accumulo elettrochimico, oltre 200mila rispetto a fine 2023, per una capacità complessiva di circa 13 GWh (+85%): “una crescita fortemente influenzata dal Superbonus, che ha favorito principalmente l’installazione di sistemi distribuiti”. L’anno scorso, un altro elemento si è fatto evidente: si è assistito a un’accelerazione in termini di installazione di sistemi di stoccaggio centralizzati. Se fino al 2023 il predominio assoluto dei sistemi di energy storage elettrochimico era di quelli distribuiti, l’anno scorso la situazione è cambiata.

I sistemi centralizzati hanno coperto circa un terzo della capacità complessiva, con una crescita anno su anno (2023 vs 2024) di ben 6,8 volte. Il distribuito, da parte sua, ha espresso un incremento del 39%. I risultati positivi evidenziati dalla prima asta MACSE fanno pensare a un ulteriore crescita di capacità installata. Tuttavia, siamo ancora lontani dagli obiettivi. Come ha evidenziato il report, guardando agli obiettivi 2030 prefigurati dallo scenario Terna-Snam, si parla di 58 GWh, di cui 53 GWh di centralizzati.

Colmare questo gap richiederebbe un tasso di crescita molto ambizioso, del 56% per il segmento centralizzato fino al 2030 e dell’8% per quello distribuito.

elettricomagazine

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