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Perché il nuovo Papa Leone XIV potrebbe portare nuova luce nella battaglia climatica

Perché il nuovo Papa Leone XIV potrebbe portare nuova luce nella battaglia climatica

Riuscirà la nuova luce portata da Papa Leone XIV a far riemerge dal buio la lotta alla crisi climatica oggi oscurata da nuovi squilibri globali? È una domanda che molti ecologisti, ambientalisti e persone attente all'ambiente si stanno ponendo dopo l'elezione del nuovo pontefice Robert Francis Prevost. Ci si chiede infatti se il Papa americano sarà in grado di proporre messaggi che sfidino apertamente le politiche di un altro americano, il presidente Donald Trump, che oggi sta contribuendo ad affossare sempre di più la questione ambientale, negando la crisi del clima e cancellando ogni sforzo fatto finora nel tentativo di fermare le emissioni globali che surriscaldano il Pianeta. La risposta, stando alle posizioni tenute da Papa Leone XIV durante il suo percorso da cardinale, potrebbe essere affermativa: Prevost finora ha sempre appoggiato le politiche ambientaliste di Papa Francesco e il senso di quel Laudato Sì che, già nel 2015, diede una grande spinta positiva alle politiche ambientaliste.

L'idea è che il nuovo papa continui nella stessa direzione, ma come lui stesso ha affermato nel novembre del 2024, sarà necessario passare dalle "parole ai fatti". Un passaggio dettato dall'urgenza, anche in termini di quelle disuguaglianze sociali da ridurre che è un tema centrale per la Chiesa.

Curiosamente, proprio il giorno prima della scelta del nuovo pontefice, su Nature Climate Change è stato pubblicato un nuovo studio di un team di ricercatori internazionali che sostiene come il 10% più ricco del mondo sia oggi responsabile di due terzi del riscaldamento globale dal 1990 ad oggi, un fatto che in passato il neo Papa ha implicitamente condannato parlando della necessità di combattere "azioni tiranniche a beneficio di pochi".

La nuova ricerca ci ricorda che in sostanza i ricchi, con la loro impronta di carbonio elevata, sono i principali responsabili della crisi del clima che fra aumento delle temperature e riscaldamento dei mari stanno portando ad eventi estremi e siccità che si traducono poi in fame e povertà in molte aree meno sviluppate del Pianeta. Qualcosa che Papa Leone XIV ha potuto osservare da vicino durante le sue missioni in Perù, terra a cui è molto legato e fra le più colpite dalla crisi del clima, così come in larghe parti del Sudamerica, tra cui l'Amazzonia dove a novembre si svolgerà la COP30, Conferenza delle Parti sul clima che potrebbe prevedere anche un intervento del neo Papa. La stessa ricerca parla, a causa delle emissioni dei ricchi, di disuguaglianze sociali e ingiustizie climatiche, sottolineando come i consumi e gli investimenti dei ricchi abbiano avuto un impatto sproporzionato sugli eventi meteorologici estremi e sulle comunità più povere.

Proprio su questo tema, con parole chiare, si era espresso solo sei mesi fa l'allora cardinale Robert Francis Prevost. "Il dominio sulla natura non deve diventare tirannico" aveva detto". Deve essere invece un "rapporto di reciprocità" con l'ambiente, sostenne Prevost.

Durante il suo discorso l'attuale pontefice aveva infatti sottolineato l'urgenza di passare "dal discorso all'azione" parlando di crisi ambientale, un’azione che richiede una risposta radicata nella Dottrina della Chiesa e spiegò come il "dominio sulla natura" delegato da Dio all'uomo non deve essere "dispotico" dato che egli è "amministratore che deve rendere conto del suo lavoro" in un rapporto di "reciprocità" con l'ambiente. "Per questo, la nostra missione è quella di trattarlo come fa il suo Creatore" aveva detto il neo Papa proprio condannando appunto "azioni tiranniche a beneficio di pochi", una frase che sembra tuttora puntare il dito proprio contro quella parte ricca di mondo che oggi è responsabile di due terzi delle emissioni globali. Sempre Prevost ha poi sottolineato in passato le possibili conseguenze "nocive" degli sviluppi tecnologici, così come evidenziato esempi di "luce" come quelli portati avanti dalla Santa Sede in termini di sostenibilità ambientale, dall'istallazione di pannelli solari sino ai veicoli elettrici e le energie rinnovabili promosse in Vaticano, simbolo di volontà di una svolta green da parte della Chiesa.

In questo contesto sarà inoltre interessante capire se ora, da Papa, Prevost si esporrà nuovamente contro le politiche del presidente Usa Donald Trump (in passato lo ha contestato su questioni come immigrazione ed espulsioni di cittadini) anche sul clima. Attualmente Trump, dopo l'uscita degli States dagli Accordi di Parigi, sta rilanciando ogni politica anti-clima, dai tagli alla scienza all'implementazione del fossile, del fracking e perfino del deep mining, il tutto mettendosi in contrapposizione al multilateralismo climatico, quello necessario per trovare una soluzione alla crescita delle emissioni. Un negazionismo e oscurantismo sfrenato che, secondo Gina McCarthy, ex amministratrice dell'EPA (Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti, farà si che quando Trump se ne andrà "lascerà dietro di sé una scia di devastazione". Proprio nella contrapposizione a Trump e alle sue politiche negazioniste Papa Leone XIV avrà l'opportunità di mostrare il suo sostegno al Laudato Si’ e all'implemento al percorso lanciato da Papa Francesco a protezione della natura e delle persone più povere al mondo e più colpite dalla crisi del clima. Volendo, un palcoscenico internazionale per farlo, lo avrà già fra pochi mesi quando a novembre, in Brasile, i leader del mondo si riuniranno alla COP30 per tentare di affrontare con forza la questione climatica, magari appunto con il sostegno del nuovo Papa in nome di quel "fatti" e non solo parole che sono dottrina di Leone XIV.

La Repubblica

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