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Energia e clima: la politica della Cina fa bene all’ambiente e alla sua economia

Energia e clima: la politica della Cina fa bene all’ambiente e alla sua economia

In tema di progressi su energia e clima, non c’è nessun Paese al mondo che possa minimamente competere con la Cina. Da una parte, il Paese cinese è il maggior emettitore di CO2 al mondo, dall’altra è il più grande produttore di tecnologie energetiche rinnovabili.

La Repubblica Popolare, da tempo rivolta al rafforzamento del proprio ruolo di potenza energetica “verde”, sta facendo attenzione non solo a sviluppare (ed esportare) energia da FER ma anche all’obiettivo climatico. Lo conferma il discorso all’Assemblea generale ONU del presidente Xi Jinping, che ha annunciato un aggiornamento della traiettoria per la riduzione delle emissioni climalteranti della Cina. È la prima volta che parla di taglio delle emissioni e non più di contenimento: si tratta di una svolta storica.

Questa politica, palesemente agli antipodi rispetto a quella degli USA, è premiante anche a livello economico. Nel 2024, per la prima volta in assoluto, le cleantech hanno contribuito per oltre il 10% alla crescita economica della Cina, con vendite e investimenti per un valore di circa 1900 miliardi di dollari (Fonte: analisi CREA per Carbon Brief). Ma nel lungo periodo potrà bastare questo slancio?

Sulla Cina e sugli obiettivi riguardanti energia e clima, si deve partire dal discorso del presidente Xi Jinping che ha pronunciato, in occasione del vertice Onu sul clima. Il premier ha ricordato l’Accordo di Parigi, proprio da lui firmato dieci anni fa insieme all’allora presidente USA Barack Obama. Ma è andato oltre: ha annunciato i nuovi Contributi determinati a livello nazionale (NDC) della Cina.

Entro il 2035, il Paese ridurrà le emissioni nette di gas serra dell’intera economia dal 7% al 10% rispetto ai livelli massimi. Non solo: aumenterà la quota di combustibili non fossili nei consumi energetici totali a oltre il 30% e amplierà la capacità installata di energia eolica e fotovoltaica di oltre sei volte rispetto ai livelli del 2020, impegnandosi a portare il totale a 3,6 TW. Si aggiunga l’incremento del volume totale del patrimonio forestale a oltre 24 miliardi di metri cubi e la spinta sui veicoli “a nuova energia” (che comprendono veicoli elettrici, gli ibridi e quelli a idrogeno), che dovranno diventare mainstream nelle vendite di veicoli nuovi.

Le politiche cinesi riguardanti energia e clima guardano, prima di tutto, alla capacità di generazione di energia elettrica installata cumulativa. Nel Paese ha raggiunto i 3,72 miliardi di kW a fine settembre 2025, segnando un aumento annuo del 17,5%, secondo i dati ufficiali pubblicati a ottobre dalla National Energy Administration e riportati da Xinhua.

L’incremento del fotovoltaico è particolarmente significativo: la capacità di generazione registrata è stata di 1,13 miliardi di kW, con un aumento del 45,7% rispetto allo stesso periodo del 2024.

L’eolico è anch’esso in crescita sostenuta (+21,3% su base annua): la capacità di generazione di energia dal vento ha raggiunto quasi 582 milioni di kW. In termini di investimenti, quelli stanziati dalle principali aziende cinesi di produzione energetica hanno raggiunto gli 84,4 miliardi di dollari (+0,6% rispetto al 2024). Nello stesso periodo, sui progetti di reti elettriche sono stati investiti circa 61,5 miliardi di dollari, con un aumento del 9,9% su base annua.

Ma già guardando ai dati del 2024, la Cina aveva mostrato numeri straordinari. Secondo quanto riportato dal Renewable Energy Institute rifacendosi ai dati della National Energy Administration, la Cina aveva installato 277 GW di fotovoltaico e 80 GW di eolico, portando la capacità solare a 890 GW e a 520 GW quella dell’energia dal vento. Insieme, questi risultati soddisfano l’obiettivo di 1,2 TW di capacità di energia rinnovabile fissato dal presidente Xi Jinping nel 2020, un obiettivo originariamente previsto per il 2030 e che, invece, la Cina ha raggiunto con ben cinque anni di anticipo rispetto al previsto.

Gli investimenti cinesi in rinnovabili
Gli investimenti in fotovoltaico sono cresciuti negli ultimi cinque anni

Nel percorso di sviluppo del fotovoltaico colpiscono, in particolare, i progetti di sviluppo in aree desertiche. Nel deserto del Kubuqi, nella Cina nordoccidentale, si sta sviluppando un progetto, la cui conclusione è prevista per il 2030, per la realizzazione di un parco solare gigantesco. Sarà lungo 400 chilometri, largo 5 km e raggiungerà una capacità di generazione massima di 100 GW. Quello che viene ricordato come “mare della morte”, per le sue difficili condizioni di vita, è parte del piano pluriennale della Cina per la costruzione di una “grande muraglia solare” progettata per generare energia sufficiente ad alimentare Pechino, ricorda la Nasa.

Il progetto Kubuqi esemplifica il più ampio impegno della Cina per integrare le energie rinnovabili con il ripristino ecologico. Nelle aride distese della Cina settentrionale, la tecnologia avanzata sta rimodellando la lotta alla desertificazione. Secondo i dati del Goveno Cinese, il 53% dei terreni desertificati e trattabili della Cina è stato ripristinato, con una riduzione netta di circa 4,33 milioni di ettari di terreni degradati.

Circa un quarto del territorio cinese è classificato come “desertificato” e le campagne per contenere e bonificare le sabbie risalgono agli anni Settanta del secolo scorso. Il governo cinese ha avviato il programma “Tre Nord”: iniziato nel 1978, durerà fino al 2050 e comprende un ruolo attivo della tecnologia fotovoltaica per il controllo della desertificazione.

Allo stesso modo, per lo sviluppo del fotovoltaico la Cina sta puntando al floating solar su larga scala, tra cui un progetto offshore da 1 GW nella provincia di Shandong e un progetto da 400 MW commissionato ad agosto. Di recente, nelle acque della contea di Changli, il progetto pilota dimostrativo fotovoltaico offshore da 1,8 GW della città di Qinhuangdao, è entrato nella fase di costruzione su larga scala.

La politica cinese, così attenta su energia e clima, appare in netto contrasto con quella degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump. Come ha fatto notare di recente il New York Times, mentre gli USA puntano sui combustibili fossili e fanno pressione sugli altri Paesi a contare su di essi, la Cina sta investendo in tecnologie fotovoltaiche ed eoliche, insieme a batterie di accumulo, con l’obiettivo di diventare il fornitore mondiale di energia rinnovabile e dei prodotti che ne dipendono.

Lo stesso NYT rileva che sull’altopiano tibetano, a quasi 3.000 metri di altitudine, i pannelli solari coprono un’area sette volte più grande di Manhattan. “Nessun altro Paese al mondo sfrutta le alte quote per l’energia fotovoltaica, eolica e idroelettrica su una scala così ampia come la Cina sull’altopiano tibetano. Con l’aiuto di ingenti investimenti e pianificazione governativi, le compagnie elettriche stanno liberando il Paese dalle importazioni di petrolio, gas naturale e carbone, una priorità nazionale”. L’energia rinnovabile aiuta la Cina ad alimentare 48mila chilometri di linee ferroviarie ad alta velocità e la sua crescente flotta di auto elettriche.

Tutto questo sforzo, profuso per migliorare energia e clima, produce anche effetti economici positivi? Come detto all’inizio, dall’analisi CREA per Carbon Brief, per la prima volta in assoluto, nel 2024 le tecnologie per l’energia pulita hanno contribuito per oltre il 10% alla crescita economica della Cina. I vari comparti specifici hanno generato un quarto della crescita del PIL nazional e hanno superato in valore le vendite immobiliari. L’anno scorso, gli investimenti della Cina in energia pulita “erano prossimi al totale mondiale investito in combustibili fossili e avevano una portata simile alle dimensioni complessive dell’economia dell’Arabia Saudita”.

politica energia e clima cinese: il contributo delle rinnovabili al PIL
Le tecnologie green hanno supportato l’economia cinese

C’è chi, però, mette in luce alcuni aspetti che non depongono a favore delle strategie cinesi. Secondo il gruppo di riflessione economica indipendente Bruegel, dal 2020 al 2024, la Cina ha installato una capacità rinnovabile senza precedenti, pari a 900 GW, senza tuttavia riuscire a ridurre l’intensità energetica e di carbonio del 13,5% e del 18%, come richiesto dal 14° Piano Quinquennale del governo. La causa principale è il diffuso sottoutilizzo della capacità installata di energia rinnovabile e l’aumento della riduzione, dovuto all’investimento sotto dimensionato della Cina nella rete elettrica.

“Nonostante la maggiore quota di energia rinnovabile nella capacità installata, la quota di elettricità generata da fonti energetiche rinnovabili rimane bassa, lasciando la maggior parte del carico energetico ai combustibili fossili”, segnala il centro studi.

La Repubblica Popolare, quindi, deve incrementare gli investimenti nella rete elettrica nazionale per aumentare la capacità di trasmissione di energia. Questo processo è già iniziato, ma occorre fare di più. Inoltre, deve stabilire obiettivi più ambiziosi per la capacità di energy storage a supporto del funzionamento della rete elettrica. “Con soluzioni di accumulo integrate o autonome, i progetti rinnovabili possono gestire meglio la volatilità della domanda di energia”.

Nel complesso, l’analisi di Bruegel arriva alla conclusione che, spostando gli investimenti dalla capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili all’ammodernamento e alle attrezzature della rete elettrica, la Cina può consolidare un’economia nazionale “altrimenti deludente”, restare in corsa per raggiungere i propri obiettivi di emissioni nette zero e alleviare le pressioni geopolitiche.

elettricomagazine

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