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Influenza aviaria, strage di elefanti marini in Patagonia

Influenza aviaria, strage di elefanti marini in Patagonia

L’epidemia di influenza aviaria, che da anni colpisce uccelli selvatici e allevamenti in tutto il mondo ha compiuto un salto di specie devastante. In Argentina migliaia di elefanti marini del sud (Mirounga leonina) sono stati trovati morti lungo le spiagge di uno dei paradisi naturalistici più famosi: la Penisola Valdés. Ad ucciderli un’epidemia di influenza aviaria (H5N1). Secondo uno studio coordinato dall’università della California, Davis e dal Wildlife Conservation Society il virus avrebbe ucciso quasi il 97% dei cuccioli. Un evento senza precedenti che potrebbe portare al declino irreversibile degli elefanti marini nel sud in Argentina, con conseguenze a catena su tutto l’ecosistema.

"È un disastro ecologico di proporzioni inedite per i mammiferi marini. Quando si rimuove una massa così grande, si sconvolge completamente l'equilibrio dell'ecosistema", ha spiegato Marcela Uhart, veterinaria specializzata in fauna selvatica presso l'università della California, Davis intervistata dalla Bbc. "Nessun'altra specie può sostituire gli elefanti marini nell'oceano". Non solo. Secondo Elizabeth Ashley, ricercatrice della stessa università americana: “La moria di massa registrata tra gli elefanti marini nella Penisola di Valdés potrebbe essere solo la punta dell'iceberg dell'impatto complessivo dell'influenza aviaria sulle foche e sui leoni marini di tutto il mondo, e sulla vita oceanica in generale”. Da tenere poi conto che si tratta dell'unico luogo di riproduzione continentale per la specie, dichiarato dall’Unesco, Patrimonio dell’umanità.

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Il virus che arriva dal cielo

Con una lunghezza massima di 5,8 metri e un peso di circa 3,700 chili gli elefanti marini del sud sono la specie di foca più grande del mondo. Trascorrono la maggior parte del tempo in mare, ma una volta all’anno migliaia di esemplari si radunano per riprodursi lungo la costa patagonica argentina. Il primo caso di influenza aviaria su questi mammiferi è stato scoperto nel 2023 quando furono trovate centinaia di foche adulte e neonate morte sempre sulla Penisola di Valdés. Le analisi genetiche indicarono come il virus (rilevato per la prima volta nel pollame nel 1996) prima si era trasmesso e diffuso velocemente tra gli uccelli selvatici, poi dal 2022 mutazioni successive ne hanno facilitato il passaggio agli elefanti marini.

I ricercatori, non sanno ancora spiegare come avviene la trasmissione tra le due specie (se per via aerea oppure attraverso le feci o la saliva) ma ritengono responsabili di aver diffuso l'influenza aviaria, gli uccelli marini migratori, come gli stercorari e le procellarie giganti, che si nutrono delle carcasse infette di altri uccelli o mammiferi. Spesso colonie di questo tipo di uccelli marini, infatti, si riproducono proprio lungo le coste della Penisola di Valdés. Ed è in quel momento che gli elefanti marini entrano in contatto con uccelli infetti. Secondo gli scienziati californiani, una volta contagiati gli adulti, il virus viene trasmesso dalla madre ai cuccioli attraverso la placenta e il latte. Hanno anche notato che il virus è in grado di risalire al contrario: dalle foche agli uccelli.

Crisi del clima e contagio, la tempesta perfetta

Il colpo inferto a queste colonia è tragico. Sulla base dei dati nuovi e storici, gli autori della ricerca che hanno monitorato le foche in Argentina sin dall'inizio dell'epidemia, stimano che la popolazione impiegherà probabilmente almeno 70 anni per tornare ai livelli precedenti , sempre che non si verifichino altri problemi ambientali o epidemie. “Eventi come questo dimostrano come il cambiamento climatico e la diffusione dei virus possano combinarsi in una tempesta perfetta per la fauna marina”, spiegano gli autori dello studio. Nel frattempo, secondo le ultime scoperte, il numero totale di maschi alfa è diminuito del 43% (da circa 450 a 260), mentre le femmine adulte sono diminuite del 60% (da circa 12 mila a 4.800), rispetto alle stagioni pre-pandemiche. Anche la prole annuale è diminuita di quasi due terzi, da circa 14 mila a soli 5 mila.

"Prima del 2023, era impossibile pensare che una popolazione sana come quella della Penisola di Valdés potesse essere messa a rischio da un anno all'altro", afferma la biologa Valeria Falabella, direttrice per la conservazione delle coste marine presso WCS Argentina. "Questo è un avvertimento", aggiunge, sottolineando che il cambiamento climatico comporta ulteriori rischi e incertezze per altre a specie. Ma a preoccupare oggi è il destino degli elefanti marini del sud che registrano il più grande calo demografico finora osservato. "Hanno perso più della metà della loro popolazione adulta e abbiamo bisogno di adulti per mantenere una popolazione in crescita". L'impatto è stato brutale.

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La Repubblica

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